Guardando le immagini dei monaci vestiti di arancione e rosso, che fanno da scudo umano, tra il nero dei militari e i colori pastello della gente comune, mi chiedo se ci sia qualcosa che possa fare, se non dire queste due parole, come una preghiera, con le mani giunte.
Dopo essere stati autori, spietati, della repressione cruentissima del movimento democratico non-violento, i militari al governo, ora, non hanno avvisato la popolazione dell'arrivo del ciclone in Birmania, pur essendone a conoscenza.
Che crudeltà resta da compiere? Il cuore è in pezzi.
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sabato 10 maggio 2008
mercoledì 16 aprile 2008
election day nightmare
Stanotte, in un incubo orribile, prendevo parte ad una riunione tra parlamentari che si teneva in una stanza interamente bianca. Noi, i partecipanti, stavamo seduti su divani anch'essi bianchi, disposti circolarmente.
Si accedeva alla sala bianca da un ingresso che riconoscevo come quello della vecchia casa popolare, dove ho vissuto per quindici anni con la mia famiglia.
C'era un dibattito in corso, il cui oggetto era forse la violenza sulle donne o qualcosa di drammatico che le riguardava.
I parlamentari partecipavano con interventi ragionati, dal tono grave, tutti. Uno solo non ascoltava, non interveniva neppure, e raccontava storielle grottesche ad un altro di noi - mimandole a volte in piedi e ridendo con voce grassa - per tutto il tempo in cui era in corso la discussione.
Quello che se ne infischiava della gravità degli altri - se la spassava a esibirsi e a raccontare - quello, era Silvio Berlusconi e l'altro, quello che dava ascolto alle sue storielle da varietà, era mio padre.
L'imbarazzo mio era grande, come mai, e, come per compensare il torto di mio padre, cercavo di sostenere il dibattito con parole profonde e nuove.
Intanto che Silvio Berlusconi faceva il buffone e se la rideva grottescamente, mio padre lo ascoltava poco convinto, sorridendo imbarazzato, tra i denti, per buona educazione.
Guardavo verso di lui e gli rivolgevo un rimprovero tacito, nei miei interventi assumevo un tono ancora più teso e grave.
Avrei voluto che capisse che era il caso di isolare quell'uomo triste, che la condotta rumorosa e burlesca, in quel momento, rendeva irrispettoso del dibattito e delle parole altrui.
Usavo sguardo e voce, perchè mio padre capisse che era il caso si unisse al dibattito tra di noi, ma lui guardava in basso, finchè - incapace di porre un rimedio - l'imbarazzo mio è diventato vergogna. Mi sono svegliata, affranta.
Si accedeva alla sala bianca da un ingresso che riconoscevo come quello della vecchia casa popolare, dove ho vissuto per quindici anni con la mia famiglia.
C'era un dibattito in corso, il cui oggetto era forse la violenza sulle donne o qualcosa di drammatico che le riguardava.
I parlamentari partecipavano con interventi ragionati, dal tono grave, tutti. Uno solo non ascoltava, non interveniva neppure, e raccontava storielle grottesche ad un altro di noi - mimandole a volte in piedi e ridendo con voce grassa - per tutto il tempo in cui era in corso la discussione.
Quello che se ne infischiava della gravità degli altri - se la spassava a esibirsi e a raccontare - quello, era Silvio Berlusconi e l'altro, quello che dava ascolto alle sue storielle da varietà, era mio padre.
L'imbarazzo mio era grande, come mai, e, come per compensare il torto di mio padre, cercavo di sostenere il dibattito con parole profonde e nuove.
Intanto che Silvio Berlusconi faceva il buffone e se la rideva grottescamente, mio padre lo ascoltava poco convinto, sorridendo imbarazzato, tra i denti, per buona educazione.
Guardavo verso di lui e gli rivolgevo un rimprovero tacito, nei miei interventi assumevo un tono ancora più teso e grave.
Avrei voluto che capisse che era il caso di isolare quell'uomo triste, che la condotta rumorosa e burlesca, in quel momento, rendeva irrispettoso del dibattito e delle parole altrui.
Usavo sguardo e voce, perchè mio padre capisse che era il caso si unisse al dibattito tra di noi, ma lui guardava in basso, finchè - incapace di porre un rimedio - l'imbarazzo mio è diventato vergogna. Mi sono svegliata, affranta.
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...è anche privato,
quel che è pubblico...
sabato 16 febbraio 2008
il voto
Mi piacerebbe votare per una donna, ma il voto è una questione personale, come la spiritualità. Uno dei motivi per cui voterei per una donna probabilmente è una dose viscerale di amore materno, inespresso, che si vergogna di sè stesso e non ha trovato ancora una strada sicura su cui avanzare.
Mi piace l'idea di poter pensare che c'è un utero tra le gambe di chi mi rappresenta e basta cazzi. Penserò a un interiorità ripiegata in se stessa, com'è il sesso di una donna. Niente di male nelle protuberanze, ma nella politica e nella sfera pubblica italiana ce ne sono abbastanza. Tante che ho voglia di cambiare odore.
Basta verticalità, c'è bisogno di un pò di pianure, di depressioni, come la mia.
Forse gli dei hanno lasciato spazio alle malattie perchè compensano gli spazi vuoti lasciati dalla salute. Forse sono malata perchè nessuno ha mai pensato che essere depressi sia una cosa utile.
Ho anch'io le mie protuberanze, ma sono molli, non assomigliano alle torri erette dagli uomini. Che cosa costruirebbe una donna architetto che riuscisse a mettere il suo sè nei lavori, a digerire la storia dell'architettura occidentale con un bel rutto pacificatore e considerare se stessa più bella del colosseo?
Forse farebbe una casa a forma di ragno gigantesco di legno, come una scultura di Louis Bourgeiois. Forse le donne, in alcuni casi, stanno già mettendo il bello di cui sono custodi, che possono inventare o lasciare latente per sempre, davanti al bello che già c'è.
Esisteranno una cultura e una religione e una politica che non sono patriarcali, nè matriarcali, ma patri-matri-fili e anche nonno e nonna e zii fratelli sorelle cugini, amici, conoscenti e sconosciuti, diversi-ali?
Voglio rispettare tutti, perchè credo che tutti abbiano ragione, anche se alcuni parlano come un disco che gira al contrario. Ma chi ha detto che i contrari non siano necessari poi? Io non lo dico. La filosofia orientale, con il principio dello ying e dello yang, in questo ci ha visto meglio della religione cattolica, a mio parere. Forse ci vede meglio in molto altro ancora.
Mi piace l'idea di poter pensare che c'è un utero tra le gambe di chi mi rappresenta e basta cazzi. Penserò a un interiorità ripiegata in se stessa, com'è il sesso di una donna. Niente di male nelle protuberanze, ma nella politica e nella sfera pubblica italiana ce ne sono abbastanza. Tante che ho voglia di cambiare odore.
Basta verticalità, c'è bisogno di un pò di pianure, di depressioni, come la mia.
Forse gli dei hanno lasciato spazio alle malattie perchè compensano gli spazi vuoti lasciati dalla salute. Forse sono malata perchè nessuno ha mai pensato che essere depressi sia una cosa utile.
Ho anch'io le mie protuberanze, ma sono molli, non assomigliano alle torri erette dagli uomini. Che cosa costruirebbe una donna architetto che riuscisse a mettere il suo sè nei lavori, a digerire la storia dell'architettura occidentale con un bel rutto pacificatore e considerare se stessa più bella del colosseo?
Forse farebbe una casa a forma di ragno gigantesco di legno, come una scultura di Louis Bourgeiois. Forse le donne, in alcuni casi, stanno già mettendo il bello di cui sono custodi, che possono inventare o lasciare latente per sempre, davanti al bello che già c'è.
Esisteranno una cultura e una religione e una politica che non sono patriarcali, nè matriarcali, ma patri-matri-fili e anche nonno e nonna e zii fratelli sorelle cugini, amici, conoscenti e sconosciuti, diversi-ali?
Voglio rispettare tutti, perchè credo che tutti abbiano ragione, anche se alcuni parlano come un disco che gira al contrario. Ma chi ha detto che i contrari non siano necessari poi? Io non lo dico. La filosofia orientale, con il principio dello ying e dello yang, in questo ci ha visto meglio della religione cattolica, a mio parere. Forse ci vede meglio in molto altro ancora.
mercoledì 14 novembre 2007
Il Primo Novembre
Quello che mi è successo la notte del primo novembre non è stato un caso. Stava covando da giovedì notte, mentre ero qui al computer a scrivere, mi ricordo, e sentivo la gola dolorante.
Nei giorni successivi ho chiamato il medico curante ed ho preso dei giorni di malattia per assentarmi dal lavoro. Credevo d'avere una faringite.
In un pomeriggio di quella settimana, avevo segnato in agenda un colloquio per un secondo lavoro, ma la spossatezza è arrivata per prima e un malessere persistente alla schiena l'ha seguito. Era come se davvero, come Sisifo, quel giorno avessi portato su per un altura una roccia pesante e insensata, sulla mia schiena.
Ma dopo la somatizzazione fisica con cui si maschera sorprendomi - che ingenua! - l'ansia ha iniziato a prendere le strade maestre, disinibite, che conosco, per averle percorse già nell'autunno di Londra, due anni fa.
Il senso di irrequietezza, l'irritabilità e la difficoltà di concentrazione sono diventatate insostenibili.
Non portavano pace le chiacchierate al telefono con le amiche, con lù, nè con le semi-professioniste in fatto di analisi, come Jolie. Piangevo per giornate che mi sembravano interminabili e la testa doleva d'un male incessante, come di spilli conficcati nella nuca. Quando il male alla nuca è diventato persistente, a quel punto sapevo che sarei andata di nuovo in ospedale.
Quel fastidio acuto infatti è per me il sintomo più intollerabile della malattia. E' l'avvertimento temibile che segna l'aver raggiunto un punto di non ritorno. Oltre quel malore odioso, anbar, per te si apre la porta dell'ospedale, così è stato anche stavolta, in questa Milano da Morire e l'autunno di Londra nel 2005 me l'aveva già dimostrato.
Nei giorni seguenti intanto aumentavano la sensazione di annebbiamento mentale e la paura d'uscire e di restare a casa da sola, mentre le ore di sonno si assottigliavano fino a diventare non più di quattro, forse tre...e il 30 ottobre, l'ultima notte prima del ricovero, nessuna.
National Coming Out Day è il titolo della riproduzione di un lavoro di Keith Haring che illustra il mese di ottobre nel mio calendario TeNeues Keith Haring 2007. A pensarci è stato così per me, come nel calendario, solo che ho dovuto girare pagina e mese al mio calendario, perchè il giorno del mio national coming out si avverasse.
Quando mia sorella con viromare sono venuti a prendermi, poi hanno chiamato l'ambulanza, per portarmi in ospedale, sperando di liberarmi dalla presa dell'oscurità vorace che mi stava inghiottendo, eravamo già al primo giorno di Novembre.
Nei giorni successivi ho chiamato il medico curante ed ho preso dei giorni di malattia per assentarmi dal lavoro. Credevo d'avere una faringite.
In un pomeriggio di quella settimana, avevo segnato in agenda un colloquio per un secondo lavoro, ma la spossatezza è arrivata per prima e un malessere persistente alla schiena l'ha seguito. Era come se davvero, come Sisifo, quel giorno avessi portato su per un altura una roccia pesante e insensata, sulla mia schiena.
Ma dopo la somatizzazione fisica con cui si maschera sorprendomi - che ingenua! - l'ansia ha iniziato a prendere le strade maestre, disinibite, che conosco, per averle percorse già nell'autunno di Londra, due anni fa.
Il senso di irrequietezza, l'irritabilità e la difficoltà di concentrazione sono diventatate insostenibili.
Non portavano pace le chiacchierate al telefono con le amiche, con lù, nè con le semi-professioniste in fatto di analisi, come Jolie. Piangevo per giornate che mi sembravano interminabili e la testa doleva d'un male incessante, come di spilli conficcati nella nuca. Quando il male alla nuca è diventato persistente, a quel punto sapevo che sarei andata di nuovo in ospedale.
Quel fastidio acuto infatti è per me il sintomo più intollerabile della malattia. E' l'avvertimento temibile che segna l'aver raggiunto un punto di non ritorno. Oltre quel malore odioso, anbar, per te si apre la porta dell'ospedale, così è stato anche stavolta, in questa Milano da Morire e l'autunno di Londra nel 2005 me l'aveva già dimostrato.
Nei giorni seguenti intanto aumentavano la sensazione di annebbiamento mentale e la paura d'uscire e di restare a casa da sola, mentre le ore di sonno si assottigliavano fino a diventare non più di quattro, forse tre...e il 30 ottobre, l'ultima notte prima del ricovero, nessuna.
National Coming Out Day è il titolo della riproduzione di un lavoro di Keith Haring che illustra il mese di ottobre nel mio calendario TeNeues Keith Haring 2007. A pensarci è stato così per me, come nel calendario, solo che ho dovuto girare pagina e mese al mio calendario, perchè il giorno del mio national coming out si avverasse.
Quando mia sorella con viromare sono venuti a prendermi, poi hanno chiamato l'ambulanza, per portarmi in ospedale, sperando di liberarmi dalla presa dell'oscurità vorace che mi stava inghiottendo, eravamo già al primo giorno di Novembre.
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...è anche privato,
bipolare,
quel che è pubblico...
sabato 10 novembre 2007
eppur si muove
la scuola italiana. Letto entusiaswtico articolo su corriere la settimana scorsa....
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sabato 22 settembre 2007
fondaca cittadinanza attiva giovanni moro
"Il vaffa-day è una forma truculenta di antipolitica. Stare dalla parte dei cittadini senza rilevanza è invece una scelta che ho fatto prima della morte di mio padre"
Chi parla è Giovanni Moro, presidente della fondazione Fondaca
che si propone di promuovere una partecipazione piu attiva della cittadinanza nella vita poltica.
Altra new entry tra i links, il blog di babsi, che tanto piace alla poetessa - lei preferisce Jane Austen a Charlotte Bronte - e al suo boyfriend.
Guardo e ascolto Kate Nash ora, dopo Kate Jarrett, è come latte caldo bevuto sulle ostriche.
Ho perso la giacca nera che preferivo, chissà quando e dove, e non ho i soldi per comprarne una nuova adesso, neanche da H&M. Così, da quando mi hanno convocata, vado a scuola che sembro una teenager, con indosso una felpa nera. Mi fa sembrare un fagotto, la odio.
Sto perdendo una festa dove avrei potuto conoscere gente carina, stasera. Era in Triennale e celebrava la tre giorni di Start. Potevo fare sano networking nell'ambiente dove mi piacerebbe lavorare.
Me ne sto a guardare videomusic e a scrivere invece, perchè da una settimana ho un umore bizzoso, che sazio male.
Dovrò trovare tempo per andare a comprare una copia de Le Mille e una Notte, ora che ho letto pure le due pagine di ringraziamenti che chiudono Leggere Lolita a Teheran e non ho nient'altro di interessante sul comodino, per restare sveglia stanotte e avere una buona scusa per non studiare.
Lunedi non andrò al lavoro, perchè ci saranno gli esami di inglese e spagnolo. Si svolgono a piazza S. Alessandro e sono propedeutici all'accesso del IX ciclo della silsismi.
Le zanzare non danno pace qui in studio, dove ero venuta per cercare casa. Non l'ho ancora trovata, ma ho un appuntamento per andare a dare un'occhiata ad una singola qui a precotto, in un appartamento in condivisione con un ragazzo. Fa il designer, mi pare.
Torno a casa ora, pensando che il privato non esiste, c'è una dimensione sola ed è pubblica, se ne sei fuori non ci sei di fronte allo specchio e le tue mani non ti toccano. Perchè se non ti senti, non ti ascoltano, e viceversa.
Chi parla è Giovanni Moro, presidente della fondazione Fondaca
che si propone di promuovere una partecipazione piu attiva della cittadinanza nella vita poltica.
Altra new entry tra i links, il blog di babsi, che tanto piace alla poetessa - lei preferisce Jane Austen a Charlotte Bronte - e al suo boyfriend.
Guardo e ascolto Kate Nash ora, dopo Kate Jarrett, è come latte caldo bevuto sulle ostriche.
Ho perso la giacca nera che preferivo, chissà quando e dove, e non ho i soldi per comprarne una nuova adesso, neanche da H&M. Così, da quando mi hanno convocata, vado a scuola che sembro una teenager, con indosso una felpa nera. Mi fa sembrare un fagotto, la odio.
Sto perdendo una festa dove avrei potuto conoscere gente carina, stasera. Era in Triennale e celebrava la tre giorni di Start. Potevo fare sano networking nell'ambiente dove mi piacerebbe lavorare.
Me ne sto a guardare videomusic e a scrivere invece, perchè da una settimana ho un umore bizzoso, che sazio male.
Dovrò trovare tempo per andare a comprare una copia de Le Mille e una Notte, ora che ho letto pure le due pagine di ringraziamenti che chiudono Leggere Lolita a Teheran e non ho nient'altro di interessante sul comodino, per restare sveglia stanotte e avere una buona scusa per non studiare.
Lunedi non andrò al lavoro, perchè ci saranno gli esami di inglese e spagnolo. Si svolgono a piazza S. Alessandro e sono propedeutici all'accesso del IX ciclo della silsismi.
Le zanzare non danno pace qui in studio, dove ero venuta per cercare casa. Non l'ho ancora trovata, ma ho un appuntamento per andare a dare un'occhiata ad una singola qui a precotto, in un appartamento in condivisione con un ragazzo. Fa il designer, mi pare.
Torno a casa ora, pensando che il privato non esiste, c'è una dimensione sola ed è pubblica, se ne sei fuori non ci sei di fronte allo specchio e le tue mani non ti toccano. Perchè se non ti senti, non ti ascoltano, e viceversa.
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domenica 3 giugno 2007
my whole human family
dovrei stare a correggere verifiche adesso, invece che ascoltare ani di franco che si avvelena il cuore, in memoria di september the 11th. Ma questa canzone è troppo arrabbiata e troppo ricercate le sue liriche, per lasciarla andare, senza volerne condividere la forza e la maniera stilistica, che ne sono pregio e margine insieme.
Di self evident inizialmente avevo copiato e incollato come post le lyrics originali, poi le ho cancellate, perchè mi sembrava di togliere intensità a quelle parole togliendole alla lama della voce di una donna che non vuole essere carina, non è un gattino su un albero che qualcuno venga a salvare.
Mi è parsa più fedele l'idea di linkare il titolo del post al video della canzone su youtube, ma mi dispiaceva, perchè in italia l'inglese non lo capisce che una minoranza smarrita, perchè forse l'ottusità, beata, è più facile da preservare quando non possiamo leggere i giornali stranieri, con quello che si dice a chiare lettere dei nostri stupidi governi e di noi, semplicioni e ingenui, che non capiamo e non possiamo ribattere che la nostra identità culturale, come ogni identità culturale, è un universo per fortuna lontano dal loro, che loro giudicano coi parametri anglosassoni di coerenza e rigore, che le nostre voci alte e i gesti delle mani, che la non-compostezza e la non-ambizione, il pathos nelle tasche dei jeans e le teste basse di indeterminazione, che l'incertezza nostra, grazie a dio, sanno mandare a puttane. Se solo la smettessimo di sentirci inadeguati alla grandezza nel nostro passato o a quella che altre identità e altre voci hanno toccato recentemente o raggiungono nel presente, malgrado il nostro silenzio imbarazzante e imbarazzato, nella politica e nelle arti, nella musica e nella letteratura.
Il titolo, finalmente, è rimasto un link al video di ani di franco di self evident perchè questa canzone è troppo sfrontata, troppo pensata e ricamate le sue lyrics, per lasciarla andare, senza volerla condividere con qualcuno ancora. Parla di uomini che sono poesie e di governi che rimettano il proprio grosso uccello nei pantaloni quegli stessi che l'hanno infilato dove non appartiene a loro, se un paese possa mai appartenere a qualcuno.
Di self evident inizialmente avevo copiato e incollato come post le lyrics originali, poi le ho cancellate, perchè mi sembrava di togliere intensità a quelle parole togliendole alla lama della voce di una donna che non vuole essere carina, non è un gattino su un albero che qualcuno venga a salvare.
Mi è parsa più fedele l'idea di linkare il titolo del post al video della canzone su youtube, ma mi dispiaceva, perchè in italia l'inglese non lo capisce che una minoranza smarrita, perchè forse l'ottusità, beata, è più facile da preservare quando non possiamo leggere i giornali stranieri, con quello che si dice a chiare lettere dei nostri stupidi governi e di noi, semplicioni e ingenui, che non capiamo e non possiamo ribattere che la nostra identità culturale, come ogni identità culturale, è un universo per fortuna lontano dal loro, che loro giudicano coi parametri anglosassoni di coerenza e rigore, che le nostre voci alte e i gesti delle mani, che la non-compostezza e la non-ambizione, il pathos nelle tasche dei jeans e le teste basse di indeterminazione, che l'incertezza nostra, grazie a dio, sanno mandare a puttane. Se solo la smettessimo di sentirci inadeguati alla grandezza nel nostro passato o a quella che altre identità e altre voci hanno toccato recentemente o raggiungono nel presente, malgrado il nostro silenzio imbarazzante e imbarazzato, nella politica e nelle arti, nella musica e nella letteratura.
Il titolo, finalmente, è rimasto un link al video di ani di franco di self evident perchè questa canzone è troppo sfrontata, troppo pensata e ricamate le sue lyrics, per lasciarla andare, senza volerla condividere con qualcuno ancora. Parla di uomini che sono poesie e di governi che rimettano il proprio grosso uccello nei pantaloni quegli stessi che l'hanno infilato dove non appartiene a loro, se un paese possa mai appartenere a qualcuno.
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