sabato 19 aprile 2008

Il prestanome

E' una figura retorica da cui non si esce, non nel presente, non in quello mio. Sono un prestanome. Prima di me lo sono state Beatrice, Charlotte, Dulcinea e mille altre donne, in così tanta parte della letteratura occidentale scritta da mani di uomo.
Il poeta irlandese, il critico scrittore siciliano, il musicista jazz, con l'animo inquieto e quello pop - impulsivo - poi c'è il sedicente promotore dell'arte, tutti sono uomini che sto incontrando, nel presente del trentesimo anno.
Paradossalmente, quelli che hanno un'indole artistica e hanno letto qualche libro - quelli che amo - sono coloro che hanno una visione delle donne più pregiudiziale, come fossero creature distanti dalla terra.
Al contrario la donna è un'ancora o un alga, che si tiene salda al fondale. In superfice alcuni vedono solo una fune o - di una foglia longilinea - la punta verde che fluttua al muoversi delle acque marine. A quella vista si fermano, forse perchè a loro appare già bella così, tanto che non vogliono scoprirne aspetti nuovi.
Gli uomini di questo tipo dicono Basta così! Ho visto abbastanza, poi abbassano l'attenzione e lo sguardo e si danno a scrivere le loro poesie d'amore romantico, in cui invocano un nome uguale a quello mio.
Spediscono a me i loro componimenti, eppure io non sono quel nome e quando lo reclamo mio e vorrei che mi amassero con la vicinanza - e quando lo rifiuto e sono io che non voglio seguirli - essi, in ogni caso, non mi avranno compreso.

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