E' una figura retorica da cui non si esce, non nel presente, non in quello mio. Sono un prestanome. Prima di me lo sono state Beatrice, Charlotte, Dulcinea e mille altre donne, in così tanta parte della letteratura occidentale scritta da mani di uomo.
Il poeta irlandese, il critico scrittore siciliano, il musicista jazz, con l'animo inquieto e quello pop - impulsivo - poi c'è il sedicente promotore dell'arte, tutti sono uomini che sto incontrando, nel presente del trentesimo anno.
Paradossalmente, quelli che hanno un'indole artistica e hanno letto qualche libro - quelli che amo - sono coloro che hanno una visione delle donne più pregiudiziale, come fossero creature distanti dalla terra.
Al contrario la donna è un'ancora o un alga, che si tiene salda al fondale. In superfice alcuni vedono solo una fune o - di una foglia longilinea - la punta verde che fluttua al muoversi delle acque marine. A quella vista si fermano, forse perchè a loro appare già bella così, tanto che non vogliono scoprirne aspetti nuovi.
Gli uomini di questo tipo dicono Basta così! Ho visto abbastanza, poi abbassano l'attenzione e lo sguardo e si danno a scrivere le loro poesie d'amore romantico, in cui invocano un nome uguale a quello mio.
Spediscono a me i loro componimenti, eppure io non sono quel nome e quando lo reclamo mio e vorrei che mi amassero con la vicinanza - e quando lo rifiuto e sono io che non voglio seguirli - essi, in ogni caso, non mi avranno compreso.
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