martedì 15 maggio 2007

amargo como ni siquiera veneno

Dire che non mi sento bene ultimamente, sarebbe fermarsi ad un passo prima di arrivare al vero.

La cuffietta sinistra dell'ipod s'è rotta ed ho smesso d'ascoltare musica se non a casa, quasi per protesta. Contro chi poi non lo so ancora, se non me stessa.

Sopporto solo il suono mortifero dell'organo sulla voce di Nico, niente più musica nuova, che fino a due settimane fa, scaricavo o ascoltavo avidamente su last.fm.

Ho mangiato oggi come se qualcuno mi avesse fato un'incantesimo e non avevo il potere di fermarmi dall'addentare qual pane azimo, di cui ho mandato giù tre fette, poi la cioccolata calda e un cilindro di biscotti, appena comprati al panificio e, oltre la porta di casa, già quasi finiti.

Ci penso e mi sento come un cassonetto dei rifiuti, non quello differenziato però, che ha ancora un futuro e speranza di servire a qualcosa, anche se con un altro aspetto e un nuovo nome.

Il mio ragazzo mi scrive adesso "Sei sempre di cattivo umore?". Ma mi chiedo che senso avrebbe dire di si, o dire di no, in un sms. Non mi vorrei incasinare in spiegazioni sterili, che non fanno bene all'amore e alla comprensione.

Allora gli scrivo che "finchè non sto meglio, vorrei che non ci vedessimo, perchè ho bisogno di riordinare la testa, e so d'essere indelicata a scriverlo per telefono, ma mi pare lo stesso di doverlo fare ora..."

E porto su in cima a quella salita da fare, una roccia più grande di me, col sudore e la sensazione di non saperci arrivare.

Una volta mi faccio male alla testa, mi pare d'impazzire, una volta mangio da stare male per zittire la disperazione, un'altra mi viene l'influenza, o la cistite emorraggica, o torna l'infezione del fungo della candida, a cui piace da quando sono adolescente potermi abitare.

Ma più o meno stanca e ammalata, ce la faccio ogni volta, e arrivo fino in cima spingendo davanti ai miei passi quella roccia che ha un diametro ingiusto per la forza dei muscoli che ho nelle braccia.

Arrivo lassù e, ogni volta, il masso infedele che ho portato in cima torna a scivolare dall'altezza di nuovo giù in pianura, ed è tempo per me di tornare giù e ricominciare a salire, non è previsto che ci si riposi qui, è sempre ora d'andare, perchè la roccia non stia mai sotto nè in cima all'altura.

"A milan se sta mai coi man in man" cantano questi cittadini assurdi e ammallati di depressione, e cantano il vero. Ne vanno fieri, mentre a me sembrano tanti criceti a correre in circoli dentro le gabbie, come la mia amica Gea che mi chiamava solo ogni due anni, ed ora al telefono mi fa che le restano 11 anni di vita, ha un tumore al midollo spinale.

Cosa devo dire, ad una che dopo la profondità di sentimenti di noi adolescenti, nel tempo è diventata quasi una estranea, per cui la carriera e uno status sociale, hanno
preso a contare progressivamente di più degli affetti profondi, dell'amicizia, persino di quelli familiari.

Che dire a Bio, se sento che la nostra relazione è una roba per intrattenersi a cena, e mi pare che si sia accesa di profondità solo a volte.

Come nel weekend in Veneto insieme, in cui a farci innamorare sono stati il silenzio e la condivisione di un letto a due piazze, trascorrere il pomeriggio di Pasqua stesi sull'erba a sentire il divino del sole sulla pelle e ascoltare i suoni degli insetti tra le foglie degli alberi da frutto dell'orto davanti casa.

Che siamo rimasti insieme finora solo perchè ho fatto il diavolo a quattro perchè facessimo l'amore, trascinandoci in terapia di coppia e ingegnandomi per accendere un ardore che è nato spento, sotto una coltre di pregiudizi religiosi inghiottiti come una piccola, senza masticare.

Non ti toccare, non masturbarti, non fare l'amore se non per procreare.

Mi fa schifo questa chiesa cattolica che genera aridità dove potrebbe esserci amore, che manifesta per mettere fuori legge i gay, che hanno la colpa d'amarsi e voler stare insieme.

Cristo stava coi perseguitati, Ratzinger coi perseguitatori, e il mio ragazzo usa la foto di Prosperini come avatar del suo account messenger, facendomi venire il male di vivere, il male d'amare.

Ma quando cavolo è cominciata questa discesa agli inferi. Dopo che i miei sono andati via, mi pare, dopo che di nuovo è crollato il sogno di poter star bene dove sto, nella relazione algida del presente, dopo che è svanita anche l'idea profumata di fresie di potermene andare da questa Milano già da settembre, tornare a respirare.

Non c'è possibilità per me di riuscire a lavorare l'anno prossimo a Siena, servirebbe ro le scuole di specializzazione.

E ormai all'idea di dover fare questo mestiere, mi ci sono arresa, non ho i coglioni per trovarmi un lavoro attinente al mio curriculum vitae, al mio master che per l'impegno economico e lo stress affrontato, quasi mi costava la salute mentale.

A settembre mi iscriverò ai corsi per iniziare ad omologare il mio percorso formativo a quello di un'insegnante che questo mestiere non lo faccia per non annoiarsi, ma perchè ha altro da pagarsi da vivere, e le risorse per ritargliarsi un possibile altrove, ora che la paura della malattia l'ha resa una codarda, non le sa trovare.

La determinazione di perdere due kg prima dell'estate, anche quella sembra volata via ora, che da tre giorni mangio male ed è tornata dormiente la lucidità degli ultimi mesi, - di febbraio, marzo e aprile - che mi faceva fermare un attimo prima di aprire la credenza, per prendere in mano la penna e mettermi a piangere, quieta, nello scrivere.

Si sbagliano quelli che leggono la tristezza esistenziale dei miei post come un segno di malessere. Scrivevo di robe tristi, settimane fa, ma avevo la pace nel cuore, mi esprimevo compiutamente, sapevo vivere nei miei panni e guardare il passaggio vorticoso dei miei pensieri senza lasciarmi intossicare.

Ora sono intossicata invece, ora che sono arrabbiata, amarreggiata, sconfitta, confusa, che non ho voglia di fare, di amare e di sperare. Intossicata dalla cioccolata e dai silenzi, dall'overdose di zuccheri complessi nei carboidrati che ho mandato giù oggi come fossero una maledizione.

Sono stanca della leggerezza bionda di Pauline, che da qualche giorno evito, perchè sono come arrabbiata con lei, che tra due settimane se ne tornerà nei Paesi Bassi, mentre io resterò da sola in questa casa del cazzo ancora un altro mese.

Ma forse no. Finirà che me ne vado anch'io, il 30 giugno come lei, e altro che cercare lavoro qui e menate. Me ne voglio solo tornare a casa, che sono stanca pure di chiudere a chiave la porta e me ne frego se è una citàà pericolosa quella in cui mi tocca vivere.

Suono orribile, lo so, così è, quando la luna mi gira male.

1 commento:

Anonimo ha detto...

[...] Ainsi, Œdipe obéit d'abord au destin sans le savoir. A partir du moment où il sait, sa tragédie commence. Mais dans le même instant, aveugle et désespéré, il reconnaît que le seul lien qui le rattache au monde, c'est la main fraîche d'une jeune fille. Une parole démesurée retentit alors: "Malgré tant d'épreuves, mon âge avancé et la grandeur de mon âme me font juger que tout est bien." [...]

a~