martedì 3 aprile 2007

Il mestiere di Marie Antoinette

Mia sorella e madre supplente - che quella di ruolo aveva altro per la testa, sempre - s'è ritrovata incinta, ventenne. Da poco ero adolescente e avevo in cantina roba infiammabile, messa da parte masticando conflitti come chewing gum sul divano-letto di casa, nei pomeriggi di noia

Poca roba di fronte alle stragi da suicidi eroici del terrorismo, ma è stata la mia tragedia segreta, come un lutto, la fine improvvisa di un rapporto che era il solo, e di una serenità che era già labile in casa da quando, undicenne, inizio a ricordare.

Da quei giorni in cui sono inciampata per le prime volte nei disturbi alimentari, indosso sopra ai vestiti come un grembiule, un aspetto insolito, "sei incinta?", mi chiedono, perchè ho maturato un sovrappeso singolare, accovacciato testardo sul mio ventre, mentre il resto del corpo resta neutrale.

E da quei giorni brandisco il sovrappeso come un'apologia buona per giustificare i fallimenti nelle relazioni, come nei rapporti sociali. Se qualcosa non funziona l'aspetto goffo è l'handicap su cui scaricare la responsabilità di ciò che non so fare, come trovarmi un lavoro che mi piaccia davvero e stare da sola, serena, quando a tenermi compagnia non ci sia una relazione banalmente felice.

Che pantomima buffa ho inscenato, camuffandomi da madre e chissà se cercavo di dirmi qualcosa, o più probabilmente di dirlo a qualcuno che mi stava intorno, e non voleva saperne di ascoltare. Sunti noiosi di psicoterapie rabattate, che racconto a me stessa o da un paio d'anni ad un terapista che mio malgrado continua a cambiare.

Così è cominciata tanta parte di una storia di donna mancata, che si aggomitola dentro a rapporti marsupiali. Questa storia, di effe e mia, sembra un romanzo di formazione, dove il mio compagno è un genitore premuroso. Dentro al bozzolo di placenta in cui mi tiene custodita posso affinare la maturità e la femminilità incerta, mentre già sogno di come sarà quando, falena compiuta, potrò venir fuori dal guscio di calcare per volare al buio di notte, senza tremare.

Le cose stanno cambiando ora, che sono in cura da una dietologa con un nome speciale. Sto perdendo peso lentamente e in modo sano sto rieducandomi al cibo come piacere e non come dolore. Quando mi sentivo miserabile, mangiare troppo e male, da avere i crampi allo stomaco per giorni avvenire, era un abitudine fin da quando mia sorella incinta se n'è andata da casa, anche se nella routine si alternavano picchi di intensità a momenti di pace.

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